La frequenza di rimbalzo, o bounce rate, non è nient’altro che la percentuale di visitatori che visitano e poi abbandonano il sito web dopo aver visitato una pagina. Un dato che da solo non ci porta a nulla, ma che se messo in relazione con altri parametri ci permetti di analizzare il comportamento degli utenti ed il loro tempo di permanenza sul sito web.
Meglio bassa o alta? Dipende
Se prendiamo come esempio un sito aziendale, con pagine piene di prodotti, e la frequenza di rimbalzo è alta, quindi superiore al 70%, allora potrebbe essere un problema: l’utente è atterrato su quella pagina, non ha trovato quello che cercava e ha deciso quindi di rivolgersi alla concorrenza.
Discorso diverso invece per il blog. Una frequenza di rimbalzo alta potrebbe essere normale: questo perché verosimilmente il visitatore ha aperto la pagina, ha letto il nostro articolo e se n’è andato.
C’è una frequenza di rimbalzo ideale?
Prendiamo sempre con le pinze discorsi di questo genere: una percentuale corretta, per un sito corporate, si aggira intorno al 25%-60%.
Ma vediamo insieme quali sono le cause che potrebbero far aumentare la frequenza di rimbalzo.
- Tempi di caricamento: il motore di ricerca di Google vuole offrire agli utenti la miglior esperienza possibile di navigazione. Ecco perché ha indicato come fattore determinante di ranking la velocità di caricamento delle pagine.
- No mobile friendly, no party: ormai la navigazione sul web avviene tramite smartphone.Varcate le porte del 2019 non ci sarebbe neanche il bisogno di dirlo.
- Pop up, banner, inserzioni invadenti e contenuti contenuti confusionari: badate bene alla user experience! L’utente potrebbe infastidirsi ed abbandonare la pagina se davanti ad un sito con mille avvisi o informazioni difficilmente individuabili.
- Error 404: in questo caso Google ci viene in aiuto con Search Console, una piattaforma con all’interno una sezione che vi indicherà tutte le pagine 404 presenti sul vostro sito.
- Bad Link: poniamo il caso che l’utente sia atterrato su una pagina da un anchor text su un sito che non aveva capito di cosa si parla e lo abbia collegato ad un argomento molto diverso. In questo caso l’utente aprirà la pagina e ne uscirà subito, perché non troverà alcuna correlazione tra l’argomento che voleva approfondire e l’argomento trattato nella pagina appena visitata.
Falso mito della bounce rate e conclusione
Il fatto che l’utente entri e poi esca non è di per sé prova che sia stato “insoddisfatto”. Immaginate una serp dove l’utente cerca un singolo dato che ottenuto rapidamente lo riporta nell’elenco dei risultati. O un utente che entra ed esce da diversi siti perché vuole farsi una panoramica dei prezzi.
In questi casi si può considerare l’utente “insoddisfatto”? Non credo…
Nella maggior parte dei casi il tempo trascorso sul sito/pagine viste sono dovute a una pessima esperienza dell’utente, e prima o poi Google lo vede… ma riflettete bene sui dati!
L’user experience è estremamente importante ma va vista nel suo complesso all’interno di una strategia, ricordando sempre che è l’insieme di autorevolezza, rilevanza e qualità della pagina/sito progetto a fare la differenza.
Marketing Manager presso Gestim.